La Cenerentola di Rudolf Nureyev a Caracalla Festival 2023

Una ragazza maltrattata e in fuga da un padre alcolizzato; la scoperta da parte di un grande produttore cinematografico capace di trasformare una zucca in una fiammante Rolls-Royce; il debutto sul grande schermo e la conquista del cuore dell’attore principale. È ambientata nell’universo hollywoodiano degli anni Trenta la versione del balletto Cenerentola firmata dal grande Rudolf Nureyev, che il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, diretto da Eleonora Abbagnato, propone nell’ambito del Caracalla Festival 2023 dal 1° al 4 luglio nel Teatro Grande delle antiche terme romane. Gli anni Trenta voluti da Nureyev si accostano così idealmente agli anni Cinquanta della Dolce vita della regia della Traviata di Lorenzo Mariani, anch’essa nel cartellone del Caracalla Festival di quest’anno.

Creata nel 1986 per l’Opéra di Parigi, questa rilettura in chiave moderna di una delle fiabe più popolari, su musiche di Sergej Prokof’ev, è proposta per la prima volta dal Corpo di Ballo del Teatro capitolino.

Nel corso della sua storia, Cenerentola ha subìto vari adattamenti e Nureyev si è divertito a trasportare la trama nell’universo hollywoodiano degli anni 30: scoperta da un produttore cinematografico, una fanciulla maltrattata, in fuga da un padre alcolizzato e da una matrigna odiosa, debutta sul grande schermo conquistando il cuore dell’attore principale.

«All’inizio temevo che la fiaba di Perrault sarebbe stata modificata abusivamente – aveva dichiarato Nureyev – ma i meccanismi della storia non sono cambiati. Tutto il dramma di Cenerentola nasce dalla paura di veder crollare il suo sogno, che qui è diventato un sogno cinematografico. Un sogno di un abito bianco, leggermente sfumato di rosa per rendere omaggio all’innocenza, e un tocco di glitter perché Cenerentola è un personaggio del mondo di oggi, sogna sola una cosa: diventare una star».

La musica di Sergej Prokof’ev è affidata alla bacchetta del giovane direttore Alessandro Cadario, al suo debutto con l’orchestra del Lirico capitolino.

Spetterà a Rebecca Bianchi far rivivere in scena le emozioni e i sogni di CenerentolaMichele Satriano sarà il suo principe, mentre Alessio Rezza il produttore cinematografico. Le due sorellastre Alessandra Amato e Susanna Salvi prenderanno lezioni di danza dal maestro Claudio Cocino. L’allestimento dell’Opéra National di Parigi è firmato da Petrika Ionesco per le scene e Hanae Mori per i costumi. Le luci sono curate da Jean-Michel Désiré, i video da Igor Renzetti e Lorenzo Bruno. Nella versione in tre atti di Nureyev, ripresa da Aleth FrancillonGillian Whittingham e Benjamin Pech con la supervisione di Eleonora Abbagnato, la partitura di Prokof’ev è mantenuta nella sua interezza. «La musica – aveva affermato il musicista – introduce il personaggio di Cenerentola mediante tre temi: il primo dei quali raffigura Cenerentola umiliata, il secondo Cenerentola sognatrice, il terzo, un tema largo, Cenerentola innamorata e felice». Composto faticosamente tra il 1940 e il 1944, il balletto andò in scena al Teatro Bol’šoj di Mosca il 21 novembre 1945 con la coreografia di Rostislav Zakharov e il libretto di Nikolaj Volkov.

Dopo la prima di sabato 1° luglio, lo spettacolo sarà replicato domenica 2 e martedì 4. Tutti gli spettacoli inizieranno alle ore 21.

Lo spettacolo sostituisce il previsto Strictly Gershwin, che non può andare in scena a causa di problemi di salute del coreografo Derek Deane. I biglietti precedentemente acquistati per Strictly Gershwin potranno essere commutati in biglietti per Cenerentola, mantenendo il posto scelto e contattando la biglietteria per la sostituzione. Le eventuali richieste di rimborso saranno possibili fino alla data della rappresentazione, consegnando i biglietti presso la Biglietteria del Teatro dell’Opera dal lunedì al sabato dalle 10 alle 18, domenica dalle 9 alle 13.30.

Sara Zuccari

Oggi 27 marzo 2023 è La Giornata Mondiale del Teatro

Oggi 27 marzo 2023 è La Giornata Mondiale del Teatro quest’anno è giunta alla 61° edizione e per l’occasione il messaggio è stato scritto dall’attrice egiziana Samiha Ayoub.

La Giornata Mondiale del Teatro è stata istituita dall’International Theatre Institute e da esperti dell’UNESCO per la prima volta il 27 Marzo 1962.

Da quel giorno, ogni anno, in tutto il mondo viene celebrata la Giornata Mondiale del Teatro e per l’occasione viene richiesto ad una personalità del teatro, della musica e della cultura in genere di scrivere un messaggio.

Il messaggio viene letto nei teatri, nelle scuole, nelle biblioteche, nei luoghi di cultura e di aggregazione in tutto il mondo.

La Giornata Mondiale del Teatro quest’anno è giunta alla 61° edizione e per l’occasione il messaggio è stato scritto dall’attrice egiziana Samiha Ayoub, e richiama in maniera forte e profonda i valori fondativi del teatro rispetto alla comunità globale.

Messaggio della Giornata Mondiale del Teatro 2023 di Samiha AYOUB
A tutti i miei amici artisti di teatro di tutto il mondo,
Vi scrivo questo messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Teatro, e per
quanto mi senta estremamente felice di rivolgermi a voi, ogni fibra del mio essere
trema sotto il peso di ciò che tutti noi stiamo soffrendo – artisti di teatro e non- a
causa delle pressioni schiaccianti e dei sentimenti contrastanti che suscita la
condizione attuale del mondo. L’instabilità è il risultato diretto di ciò che il nostro
mondo sta attraversando oggi in termini di conflitti, guerre e disastri naturali che
hanno avuto effetti devastanti non solo sul nostro mondo materiale, ma anche sul
nostro mondo spirituale e sulla nostra pace psicologica.
Vi parlo oggi mentre ho la sensazione che tutto il mondo sia diventato come isole
disperse, o come navi che fuggono in un orizzonte denso di nebbia, ciascuna
spiegando le vele e navigando senza guida, senza riuscire a vedere nulla
dell’orizzonte che dovrebbe guidarle e, nonostante ciò, continuando a navigare,
sperando di raggiungere un porto sicuro che la accolga dopo le lunghe
peregrinazioni in mezzo a un mare furioso.
Il nostro mondo non è mai stato così strettamente connesso come lo è oggi, ma allo
stesso tempo non è mai stato più dissonante e non siamo mai stati così lontani gli
uni dagli altri come lo siamo oggi. Qui sta il paradosso drammatico che ci impone la
nostra contemporaneità. Nonostante ciò a cui assistiamo rispetto alla convergenza
nella circolazione delle notizie e delle comunicazioni che ha portato ad infrangere
tutte le barriere dei confini geografici, i conflitti e le tensioni a cui il mondo sta
assistendo hanno superato i limiti della percezione logica, creando, in mezzo a
questa apparente convergenza, una divergenza fondamentale che ci allontana dalla
vera essenza dell’umanità nella sua forma più semplice.
Il teatro nella sua essenza originaria, è un atto puramente umano basato sulla vera
essenza dell’umanità, che è la vita. Come diceva il grande pioniere Konstantin
Stanislavskij: “Non entrate mai a teatro con il fango ai piedi. Lasciate la polvere e lo
sporco fuori. Lasciate le vostre piccole preoccupazioni, i litigi, le piccole difficoltà alla
porta assieme ai vostri indumenti esterni- tutte quelle cose che vi rovinano la vita e
distolgono la vostra attenzione dalla vostra arte.” Quando saliamo sul palco, saliamo
con la sola vita di un essere umano in noi, ma questa vita ha una grande capacità di
scindersi e di riprodursi per trasformarsi in tante vite che diffondiamo in questo
mondo affinché esso prenda vita, fiorisca e diffonda i suoi profumi.
Quello che facciamo nel mondo del teatro, come drammaturghi, registi, attori,
scenografi, poeti, musicisti, coreografi e tecnici -tutti noi nessuno escluso- è un atto
di creazione della vita che non esisteva prima di salire sul palcoscenico. Questa vita
merita una mano premurosa che la tenga, un petto amorevole che la accolga, un
cuore gentile che provi empatia per essa ed una mente sobria che le fornisca ragioni
per continuare e sopravvivere.
Non esagero quando dico che quello che facciamo sul palco è l’atto stesso della vita,
generata dal nulla, come una brace ardente che brilla nell’oscurità, illuminando le
tenebre della notte e riscaldando la sua freddezza. Siamo noi che diamo alla vita il
suo splendore. Siamo noi che la incarniamo. Siamo noi che la rendiamo vibrante e
significativa. E siamo noi a fornire le ragioni per capirla. Siamo noi che usiamo la luce
dell’arte per affrontare l’oscurità dell’ignoranza e dell’estremismo. Siamo noi che
abbracciamo la dottrina della vita, affinché la vita si possa diffondere in questo
mondo. Per questo mettiamo tutto il nostro impegno, tempo, sudore, lacrime,
sangue e nervi, per raggiungere questo alto messaggio, per difendere i valori della
verità, della bontà e della bellezza, nel convincimento che la vita meriti veramente di
essere vissuta.
Vi parlo oggi, non così per parlare, e nemmeno per celebrare il padre di tutte le arti,
il “teatro”, nella sua giornata mondiale. Vi invito piuttosto a stare insieme, tutti noi,
mano nella mano, spalla a spalla, per gridare a squarciagola, come siamo abituati a
fare sui palcoscenici dei nostri teatri, per far uscire le nostre parole, per risvegliare la
coscienza del mondo, per cercare dentro di noi l’essenza perduta dell’umanità.
L’essere umano libero, tollerante, amorevole, comprensivo, gentile ed accogliente,
che rigetta questa vile immagine di brutalità, razzismo, di conflitti sanguinosi, di un
pensiero unilaterale ed estremista. Gli esseri umani hanno camminato su questa
terra e sotto questo cielo per migliaia di anni e continueranno a camminare.
Pertanto togliete i piedi dal fango delle guerre e dei conflitti sanguinosi e lasciate
questi ultimi all’entrata del palcoscenico.
Forse allora la nostra umanità, che si è offuscata nel dubbio, diventerà di nuovo una
certezza che ci renderà tutti orgogliosi di essere umani e di essere fratelli e sorelle
nell’umanità.
È la nostra missione, di noi drammaturghi, portatori della fiaccola della luce, sin
dalla prima apparizione del primo attore sul primo palcoscenico, di essere in prima
linea nell’affrontare tutto ciò che è brutto, sanguinario e disumano, mettendolo a
confronto con tutto ciò che è bello, puro e umano. Noi, e nessun altro, abbiamo la
capacità di diffondere la vita. Diffondiamola insieme per il bene di un unico mondo e
di un’unica umanità.
Samiha Ayoub
Tradotto da: Roberta Quarta, Centro Italiano ITI

Sara Zuccari

A Roma una stagione di danza contemporanea

Realizzata dal Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita Spellbound, nasce finalmente a Roma la prima stagione organica dedicata alla danza contemporanea: dal 10 gennaio al 17 maggio 2023 al Teatro Palladium e al Teatro Biblioteca Quarticciolo, Orbita presenta le creazioni più significative dei grandi e riconosciuti autori italiani come Virgilio Sieni, Abbondanza Bertoni, Roberto Castello, Michela Lucenti, Michele Di Stefano e Mauro Astolfi al fianco di incursioni alla scoperta dei nuovi protagonisti della danza contemporanea internazionale come Bassam Abou Diab dal LibanoMasoumeh Jalalieh dall’IranMichael Getman da Israele Caroline Shaw con Vanessa Goodman dal Canada, che presentano i loro lavori per la prima volta in Italia e a Roma; ma anche il debutto nazionale del nuovo spettacolo dello spagnolo Marcos Morau e il ritorno a Roma di Un poyo rojo, lo spettacolo “fenomeno” franco-argentino che dal 2008 ha conquistato tutto il mondo.

Venti spettacoli, di cui cinque in prima romana e quattro in prima nazionale, e quattro focus autoriali, fra cui quello su Virgilio Sieni realizzato in collaborazione con Fondazione Musica per Roma nell’ambito del festival Equilibrio, che si aggiunge a quelli su Compagnia Abbondanza Bertoni, Bassam Abou Diab e su Poyo Rojo, il collettivo che ha dato il titolo al celebre spettacolo. A completare il quadro, tre residenze artistiche e un film, oltre a una serie di incontri con gli autori prima e dopo la visione degli spettacoli.

Diafanie. Materia e luce. Questo il titolo, evocativo e puntuale al tempo stesso, della stagione disegnata da Valentina Marini – già direttrice generale di Spellbound Contemporary Ballet e direttrice artistica del festival Fuori Programma – che cura l’intera programmazione di Orbita. Al centro di questa coesistenza di materia e luce, il corpo in scena come materia attraversata da questioni geopolitiche, sociali, pulsioni desideranti e ribelli. Materia da cui traspaiono, dunque, pungoli del nostro presente.

Fuori dall’”eventismo” festivaliero e dal fanatismo delle prime assolute, la stagione Orbita “miscela volutamente le scoperte della scena internazionale con la grande autorialità italiana, il nuovo e il consolidato: da un lato suggerendo una serie di approfondimenti che non siano soltanto di natura tecnico-estetica ma in grado di aprirsi a discorsi sociali e culturali più ampi, dando spazio, ad esempio, a proposte provenienti dal bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente – come nel caso di Masoumeh Jalalieh, artsita visiva e performer iraniana rifugiata in Europa o in quello delle sei donne messe in scena dall’israeliano Michael Getman per dare voce alle loro storie di confini religiosi, culturali e storici – e alle produzioni ai margini del mainstream europeo; dall’altro, rivendicando il diritto di riprogrammare titoli di successo e creazioni significative con l’obiettivo di strutturare un repertorio di nuovi classici che il pubblico possa riconoscere in un rinnovato patto di fiducia fra artisti, pubblico e programmatori” come afferma Valentina Marini.

Orbita, come stagione e come centro di produzione, si configura così come una casa aperta dove costruire momenti condivisi aperti al pubblico, anche attraverso un programma di residenze artistiche e di incontri con gli autori, ma soprattutto un archivio mobile, un atlante di riflessioni che esplodono per mettere in luce i conflitti, le diversità, le complessità e tratteggiare una sorta di manifesto utopico sul corpo di domani. Tutto, tenendo insieme piacere estetico e necessità di approfondimento culturale e teorico.

IL PROGRAMMA DELLA STAGIONE ORBITA 2023 DIAFANIE. MATERIA E LUCE.

La stagione si apre il 10 gennaio al Teatro Palladium con la prima romana di Nothing, rilettura dello shakespeariano Re Lear, fra le ultime creazioni di Michela Lucenti con Balletto Civile, formazione che da anni si distingue nel panorama nazionale e internazionale per la forte dimensione etica. Le serate del 20, 21 e 22 gennaio inaugurano il primo focus autoriale, dedicato a Compagnia Abbondanza Bertoni, fra le più prolifiche realtà artistiche italiane per le loro creazioni, per l’attività pedagogica e per il forte impegno nella divulgazione dei linguaggi del teatrodanza: al Teatro Palladium presentano in prima romana lo spettacolo Premio Ubu 2021 Doppelgänger, lavoro sul tema del doppio che vede sul palco l’attore con disabilità Francesco Mastrocinque e il danzatore Filippo Porro, mentre al Teatro Biblioteca Quarticciolo andrà in scena C’è vita su Venere, un solo sulla relazione fra il corpo femminile e il tempo. Il 21 e 22 gennaio, nello stesso teatro, in programma Unknown woman e Trust, due pezzi firmati da Mauro Astolfi/Spellbound Contemporary Ballet: il primo è una sorta di racconto della relazione artistica ventennale fra il coreografo e la danzatrice Maria Cossu, il secondo è un duetto che nasce dal concetto di fiducia reciproca, interpretato dalla stessa Cossu e da un’altra storica interprete della compagnia, Giuliana Mele.

Sempre il Teatro Biblioteca Quarticciolo ospita il secondo focus autoriale, dedicato al coreografo libanese Bassam Abou Diab che, al termine di una residenza artistica, presenterà il 3 e 4 febbraio due coreografie: Pina My Love, un’indagine sui meccanismi di difesa messi in atto da un corpo sottoposto a torture e prigionia, e Under the Flesh, che solleva la questione del corpo in un contesto di guerra. Il focus si completa con la proiezione del film The Odor of the Elephants After Rain di Omar Rajeh, direttore artistico del Maqamat Dance Theatre in Libano.

Il terzo focus autoriale è dedicato a uno dei grandi maestri della danza contemporanea italiana, Virgilio Sieni. Un focus ideato grazie alla collaborazione fra Orbita/Spellbound e Fondazione Musica per Roma e che presenta il 9 febbraio in Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” nell’ambito del festival Equilibrio lo spettacolo L’avventura, con le musiche eseguite dal vivo da Michele Rabbia mentre il giorno successivo 10 febbraio, al Teatro Palladium andrà in scena l’ultima creazione del coreografo toscano, Satiri, con la musica eseguita dal vivo dalla violoncellista e cantautrice irlandese Naomi Berrill.

Il 17 febbraio si torna al Teatro Biblioteca Quarticciolo per assistere alla prova aperta di Sfera, fra le ultime creazioni del gruppo mk guidato dal Leone d’Argento alla Biennale di Venezia Michele Di Stefano, in residenza nei 4 giorni precedenti.

L’ultimo focus autoriale di questa prima stagione di Orbita è dedicato a Poyo Rojo, il collettivo che ha creato Un poyo rojo, lo spettacolo esplosivo che unisce comicità e commozione nato nel 2008 nella periferia di Buenos Aires. Da allora, la coproduzione franco-argentina firmata da Alfonso Baron, Hermes Gaido, Nicols Poggi e Luciano Rosso non ha mai smesso di incantare il pubblico di tutto il mondo, grazie alle oltre 1400 repliche in più di 30 paesi con una media di 120 repliche l’anno. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Palladium il 7 marzo mentre il giorno seguente 8 marzo, sempre al Palladium, il focus prosegue con la prima romana di  Dystopia, altra creazione di Poyo Rojo che ci trascinerà in un mondo dolciastro e ansiogeno alla Truman Show.

Il 18 e 19 marzo al Teatro Palladium in programma due repliche di Shoes On dell’artista napoletana Luna Cenere, associata al Centro Coreografico Korper, nuova promessa della danza contemporanea europea mentre il 31 marzo imperdibile doppio appuntamento ancora una volta al Palladium con la prima nazionale di Los Perros del coreografo spagnolo Marcos Morau, interpretato dal collettivo Led Silhouette, una riflessione sui corpi fragili di fronte all’iper-digitalizzazione del mondo contemporaneo; e con If You Were a Man di Mauro Astolfi/Spellbound Contemporary Ballet, uno studio per quatto corpi maschili su una profonda riprogrammazione dell’ascolto.

Fra i padri della danza contemporanea italiana, più volte Premio Ubu, Roberto Castello arriva al Teatro Palladium il 21 aprile per presentare uno dei suoi lavori più celebri, In Girum imus nocte et consumimur igni, creazione del 2015 firmata insieme al collettivo ALDES che è uno “spettacolo peripatetico notturno” a cavallo fra danza, teatro e cinema.

A maggio si torna al Teatro Biblioteca Quarticciolo per tre appuntamenti consecutivi: dopo la prova aperta il 5 maggio di Lingua_da Claude Cahun di Alessandra Crsitiani al termine di una residenza artistica, il 6 maggio sarà la volta della prima nazionale di B-Or Der della coreografa e artista multidisciplinare iraniana Masoumeh Jalalieh, una performance che vuole riflettere sui concetti di confine e di libertà. In prima nazionale è anche, il 7 maggioSongs &Borders dell’israeliano Michael Getman, un lavoro frutto della collaborazione internazionale fra diversi artisti e intellettuali di diversa estrazione culturale e religiosa provenienti da Israele, Siria, Libano, Germania e Norvegia.

A chiusura di questa prima stagione, il 17 maggio al Teatro Palladium ospita la prima nazionale di Graveyards and Gardens, performance installativa collaborativa ideata, creata ed eseguita dalla compositrice canadese Caroline Shaw e dalla coreografa Vanessa Goodman che ha al centro una riflessione sulla memoria come processo di ricostruzione dell’identità e del corpo.

IL CENTRO DI PRODUZIONE NAZIONALE DELLA DANZA ORBITA/SPELLBOUND

Orbita Spellbound è il nuovo Centro di Produzione Nazionale della Danza, il primo con sede a Roma e uno degli otto centri italiani riconosciuti dal Ministero. Nasce nel 2022 dall’intento dell’Associazione Spellbound di sopperire all’assenza di un incubatore produttivo del settore nell’area centromeridionale e grazie alla pluriennale esperienza in ambito artistico e produttivo della compagnia Spellbound Contemporary Ballet, realtà italiana di punta sul piano internazionale guidata dal coreografo Mauro Astolfi nelle vesti di direttore artistico e da Valentina Marini alla direzione generale. Sede principale è il Teatro Palladium, un teatro di ateneo che ne suggerisce il modello di produzione artistica e scientifica, da cui si diramano le molteplici traiettorie verso spazi satellite della Capitale, diversi per funzioni e identità. Produzioni e sollecitazione di formati innovativi, programmazione, progetti in rete, formazione sono gli assi portanti di Orbita Spellbound che vuole posizionarsi come crocevia di progettualità tra i centri produttivi collocati nelle zone settentrionali e meridionali del Paese, raccogliendo l’urgenza di ricucire una cerniera che, da una parte faccia da raccordo tra le risorse creative in essere sul territorio locale e dall’altra funga da punto di riferimento per la filiera produttiva su scala nazionale e internazionale. Dalla sua nascita a oggi Orbita Spellbound ha presentato, fra gennaio e marzo 2022, la prima rassegna Orbita, e in autunno prima la rassegna Supernova e dopo Voices From Czech Republic, un focus sulla coreografia contemporanea della Repubblica Ceca. In programma nel 2023Orbita/Diafanie. Materia e Luce è la prima stagione organica di danza contemporanea prodotta dal Centro.

CALENDARIO

10 Gennaio ore 20.30
Teatro Palladium
Nothing
Michela Lucenti/Balletto Civile (Italia)
prima regionale

20 Gennaio ore 20.30
Teatro Palladium
Doppelgänger
Michele Abbondanza, Antonella Bertoni, Maurizio Lupinelli/Compagnia Abbondanza/Bertoni (Italia)
prima regionale
Nell’ambito di Focus on Compagnia Abbondanza/Bertoni

21 Gennaio ore 21.00 e 22 Gennaio ore 17.00
Teatro Biblioteca Quarticciolo
C’è vita su Venere
Michele Abbondanza, Antonella Bertoni /Compagnia Abbondanza/Bertoni (Italia)

***

Unknown woman + Trust
Mauro Astolfi/ Spellbound Contemporary Ballet (Italia)
Nell’ambito di Focus on Compagnia Abbondanza/Bertoni

3 Febbraio ore 21.00
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Pina my love
Bassam Abou Diab (Libano)
In residenza dal 30 gennaio al 3 febbraio
prima regionale
Nell’ambito di Focus on Bassam Abou Diab

4 Febbraio ore 21.00
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Under the Flesh
Bassam Abou Diab (Libano)

***

The odor of elephants after rain – film
Omar Rajeh/ Maqamat
Nell’ambito di Focus on Bassam Abou Diab

9 Febbraio ore 21.00
Auditorium Parco della Musica
L’avventura
Virgilio Sieni e Michele Rabbia
Presentato da Equilibrio Festival nell’ambito di Focus on Virgilio Sieni

10 Febbraio ore 20.30
Teatro Palladium
Satiri
Virgilio Sieni/Compagnia Virgilio Sieni (Italia)
prima regionale
Nell’ambito di Focus on Virgilio Sieni in collaborazione con Equilibrio Festival

17 Febbraio ore 17.30
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Sfera – prova aperta
Michele Di Stefano/Mk (Italia)
In residenza dal 13 al 17 Febbraio

7 Marzo ore 20.30
Teatro Palladium
Un Poyo Rojo
Hermes Gaido, Alfonso Baron, Luciano Rosso, Nicolas Poggi /Poyo Rojo (Argentina- Francia)
Nell’ambito di Focus on Poyo Rojo

8 Marzo ore 20.30
Teatro Palladium
Dystopia
Hermes Gaido, Alfonso Baron, Luciano Rosso/ Poyo Rojo (Argentina- Francia)
prima regionale
Nell’ambito di Focus on Poyo Rojo

18 Marzo ore 21.00 e 19 Marzo ore 17.00
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Shoes on
Luna Cenere/Korper (Italia)

31 Marzo ore 20.30
Teatro Palladium
Los perros
Marcos Morau /Led Silhouette (Spagna)
prima nazionale

***

If you were a man
Mauro Astolfi/Spellbound Contemporary Ballet (Italia)

21 Aprile ore 20.30
Teatro Palladium
In Girum imus nocte et consumimur igni
Roberto Castello/Aldes (Italia)

5 Maggio ore 17.30
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Lingua_da Claude Cahun – prova aperta
Alessandra Cristiani/ Pin Doc (Italia)
in residenza dall’1 al 5 Maggio

6 Maggio ore 21.00 e 7 Maggio ore 17.00
Teatro Biblioteca Quarticciolo
B-Or Der
Masoumeh Jalalieh (Iran)
prima nazionale

***

Songs &Borders
Michael Getman (Israele)
prima nazionale

17 Maggio ore 20.30
Teatro Palladium
Graveyards and Gardens
Caroline Shaw &Vanessa Goodman (Canada)
prima nazionale

Luoghi

TEATRO PALLDIUM
piazza Bartolomeo Romano, 8

TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
via Ostuni, 8

Sara Zuccari

Fondazione Musica per Roma sbarca in Europa

Fondazione Musica per Roma sbarca in Europa attraverso la partnership con alcuni importanti centri di spettacolo e di produzione musicale. I primi a siglare l’accordo sono Il Palacio Euskalduna di Bilbao, Il Kursaal di San Sebastian, Le Rocher de Palmer di Bordeaux e Il Centro Cultural De Belem di Lisbona, tutti centri che, come l’Auditorium Parco della Musica, hanno una programmazione trasversale in più sale e sono architetture contemporanee fra fine XX secolo e XXI secolo.

La Fondazione ha stipulato accordi di collaborazione basati su tre punti fondamentali: scambio di produzioni originali, promozione delle attività sui rispettivi territori nazionali, ospitalità reciproca e stage professionali per favorire la partnership e per aumentare il know how reciproco. Queste partnership serviranno a valorizzare la circuitazione internazionale delle produzioni musicali, di spettacolo e discografiche della Fondazione, valorizzare il brand della Fondazione e dell’Auditorium all’estero, favorendo un migliore posizionamento internazionale degli stessi, creare una rete stabile di collaborazione con altre istituzioni, favorendo anche co-produzioni, aumentare l’offerta di spettacoli internazionali a Roma, contribuire a diffondere la cultura organizzativa della Fondazione ed elevare il know how del proprio personale.

Queste partnership si inseriscono nell’ambito di un più ampio progetto di internazionalizzazione della Fondazione. Da un lato sono in fase avanzata, infatti, interlocuzioni per stringere accordi simili con il Muziekgebouw di Amsterdam, il Tel Aviv Cultural Center, il Foamglas di Aalborg, il Musikkalo di Helesinki, il Geisteig Kultur di Monaco di Baviera e il Southbank Center di Londra. Dall’altro la Fondazione ha aderito alla proposta di promuovere un grande Centro di Innovazione e conoscenza nel settore delle Industrie culturali e creative (KIC ICC), rispondendo a una call di finanziamento dell’European Institute of Innovation and Technology, candidandosi, in collaborazione con oltre 40 istituzioni culturali europee, a creare il più grande ecosistema continentale per prodotti e servizi innovativi nelle industrie culturali.

Sara Zuccari

Carolyn Carlson torna in Italia

Il 19 marzo prende il via il workshop guidato da Carolyn Carlson. Il 25 marzo al MANU (Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria) la presentazione di Mandala, coreografia di Carolyn Carlson interpretata dalla perugina Sara Orselli. A seguire la presentazione finale dei danzatori di C.R.E.A. Showcase n. 6 / Carolyn Carlson. Perugia porta in Italia Carolyn Carlson, la celebre coreografa statunitense, icona della danza, sarà in città per un workshop e due spettacoli speciali al MANU

Prima coreografa a ricevere un Leone d’Oro alla carriera, la sua poetica ha dato un contributo ingente alla danza contemporanea italiana.

Ballerina, Artista, figura cardine della danza, icona mondiale, Maestra e prima coreografa a ricevere un Leone d’Oro alla carriera; la sua poetica ha dato un contributo ingente alla danza contemporanea, influenzandone l’evoluzione fino ai giorni nostri. Carolyn Carlson, danzatrice e coreografa statunitense, arriva in Italia, a Perugia, nell’ambito del progetto C.R.E.A. (Choreography, Research, Empowerment, Audiences) di Dance Gallery, l’associazione perugina che dal 1994 si occupa di arti performative, danza e linguaggi del corpo.

Un triplo appuntamento che la vedrà protagonista nel capoluogo umbro da sabato 19, per il workshop, fino a venerdì 25 marzo, con ben due eventi presso il MANU (Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria).

Carolyn Carlson vanta un’influenza e un successo considerevoli nella nascita della danza contemporanea in Francia e in Italia con il GRTOP all’Opéra di Parigi e al Teatrodanza de La Fenice di Venezia. Ha creato più di 100 coreografie, di cui molte fanno parte delle pagine più importanti della storia della danza, da Density 21,5 Blue Lady Steppe, da Maa Signes, da Writings on water InannaNel 2006 la sua carriera è stata coronata da un Leone d’Oro, non era mai accaduto prima che alla Biennale di Venezia una coreografa ne fosse insignita. Figura cardine per intere generazioni di danzatori e coreografi di tutto il mondo, italiani compresi, grandiosa maestra di cui moltissime figure di spicco, dai direttori artistici delle più importanti realtà europee ai più grandi danzatori contemporanei, riconoscono l’immediatezza e la semplicità con la quale entra in connessione con le persone, riuscendo a farsi seguire nel proprio universo e lasciando ogni volta un segno importante.

Venendo al programma: il 19 marzo, si terrà il sesto, e ultimo workshop del progetto di formazione C.R.E.A., con un gruppo di 10 danzatori, guidato, appunto, da Carolyn Carlson. Il 25 marzo al MANU è previsto uno speciale doppio appuntamento. Alle ore 17 sarà presentato, Mandala, una coreografia del 2010 di Carolyn Carlson interpretata da Sara Orselli, con un adattamento site specific pensato proprio per gli spazi del Museo Archeologico. Dopo Mandala, a seguire, si terrà la restituzione del lavoro di creazione con i danzatori di C.R.E.A. Showcase n. 6 / Carolyn Carlson. Il doppio appuntamento del 25 marzo, promosso da Dance Gallery, è organizzato in collaborazione con il M.AN.U. e la Direzione regionale Musei Umbria. 

Ad interpretare Mandala sarà Sara Orselli, perugina doc, che, dopo la formazione al Dance Gallery, tra il 1999 e il 2002 si forma all’Accademia Isola danza della Biennale di Venezia diretta in quegli anni dalla stessa Carlson. Sua interprete dai quei tempi, è oggi assistente alle coreografie e nei progetti di formazione in tutto il mondo, oltre ad essere referente del repertorio Carlson che insegna in Teatri dell’Opera, compagnie e conservatori in Francia e in Europa.

Sara Zuccari

Open il favoloso patchwork di Daniel Ezralow 

Martedì 22 marzo ore 20:00 per il programma DANZA del Teatro Amilcare Ponchielli: Open uno spettacolo di Daniel Ezralow, scritto da Daniel Ezralow
Arabella Holzbog

Open è un favoloso patchwork di piccole storie che strizzano l’occhio allo spettatore con numeri a effetto, multimedialità, ironia e umorismo, all’insegna del più puro entertainment. “Un antidoto alla complicazione della vita”, come dichiara lo stesso Ezralow.

Un insieme di brevi quadri di ingegnose coreografie, magistralmente eseguite dai danzatori della compagnia, che fondono danza contemporanea e musica classica per un effetto di grande impattoOpenspettacolare inno alla libertà creativa e a tutti i successi creati da Ezralow, catapulta il pubblico in una nuova dimensione in cui umorismo e intensità danno vita a una miscela esplosiva di straordinaria fantasia creativa ed emozione scenica.

Uno spettacolo brillante e ricco di verve realizzato con gli occhi e il gusto di oggi. Come si legge sul “Los Angeles Times”Open è arte per tutti: riferimenti sofisticati, vistosa fisicità ginnica, giocosità colorata e luminosa, impressionanti proiezioni, umorismo e teatralità, umanità che fa ritorno alla natura rimanendo ancorata alla saggezza. Ezralow incoraggia l’audience a essere aperti alla vita.

Lo spettacolo rispecchia pienamente lo spirito del coreografo, il cui motto è: Muoversi saltare ballare sfuggire alla gravità e all’omogeneità della società e diventare sé stessi. La vita è un meraviglioso caleidoscopio di innumerevoli semplici azioni che sono uniche come ognuno di noiL’espressione della vita è di per sé una danza anche il brivido più impercettibile può essere bello.

Per decenni Daniel Ezralow ha sperimentato magistralmente ogni mezzo di esibizione dal vivo, dai teatri al cinema e alla TV, dai luoghi modesti ai più grandi palcoscenici del mondo. Con un approccio registico viscerale che fantasioso, il suo stile unico di espressione fisica gli è valso una distinta reputazione internazionale come artista rivoluzionario. Cofondatore dei MOMIX, regista e membro fondatore di ISO Dance, si è sempre distinto per il suo linguaggio unico e originale, in grado di stupire le platee di tutto il mondo.

Sara Zuccari

“Graces” coreografato e interpretato da Silvia Gribaudi

Con lo spettacolo di danza contemporanea “Graces” coreografato e interpretato da Silvia Gribaudi, prosegue mercoledì prossimo 12 gennaio la Stagione 2021/2022 del Cinema Teatro Comunale di Bomporto, curata da ATER Fondazione in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Inizio alle 21, biglietto intero 10 euro, ridotto 7 euro. Sul palco con Silvia Gribaudi, i danzatori Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo. La drammaturgia è della stessa Gribaudi con Matteo Maffesanti; disegno luci di Antonio Rinaldi, costumi di Elena Rossi. Una coproduzione Zebra/Santarcangelo Festival.

Graces è un progetto di performance ispirato alla scultura di Antonio Canova e al concetto di bellezza e natura. L’ispirazione è mitologica. In scena tre corpi maschili, tre danzatori dentro a un’opera scultorea che simboleggia la bellezza in un viaggio di abilità e tecnica che li porta in un luogo e in un tempo sospesi. Qui il maschile e il femminile si incontrano, lontano da stereotipi e ruoli. In scena anche l’autrice Silvia Gribaudi: la sua poetica trasforma in modo costruttivo le imperfezioni elevandole a forma d’arte con una comicità diretta, crudele ed empatica in cui non ci sono confini tra danza, teatro e performing arts.

Sara Zuccari

Lo Schiaccianoci la storia di un Balletto senza tempo

Centoventidue anni fa, precisamente il 18 dicembre 1892, il Mariinskij Theater di San Pietroburgo mise in scena un‘opera destinata ad entrare nella storia del balletto: si tratta de Lo Schiaccianoci, interpretato per la prima volta da Antonietta Dell’Era e Pavel Gerdt, sulle coreografie di Lev Ivanov e musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij.

La trama è ambientata in casa del ricco signor Stralhbaun, durante una festa organizzata per celebrare la vigilia di Natale. Tra addobbi e danze caratteristiche, il vecchio amico di famiglia Drosselmeyer intrattiene gli ospiti con giochi di prestigio, regali e pupazzi meccanici da lui stesso costruiti. Clara, figlia degli Stralhbaun, riceve in dono uno schiaccianoci con le fattezze di soldatino.

Entusiasta, alla fine della serata si addormenta abbracciata al suo schiaccianoci, immaginando un mondo fantastico che di lì a poco prenderà vita sotto i suoi occhi. Dopo aver combattuto contro il Re dei Topi e il suo esercito, inizia un viaggio nel Regno dei Dolci, in cui le leccornie diventano personaggi e ballano per allietare Clara e Fritz, lo schiaccianoci trasformatosi in uno splendido principe. Ma tutto è solo un sogno: Clara, si desta accanto all’albero di Natale con in braccio il suo dono inanimato, a rimanerle è solo il ricordo di creature incantate e affascinanti avventure.

Il balletto era stato commissionato al compositore dal capo dei Teatri Imperiali Russi, Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij, in seguito allo straordinario successo ottenuto nel 1890 da La bella addormentata. Ad ispirare lo scenario un racconto di E.T.A. Hoffman, Schiaccianoci e il re dei topi (1816), riscritto da Alexandre Dumas padre nel 1844 in toni più vicini alla favola romantica, meno cruenti rispetto all’originale e adattati in forma di libretto da Marius Petipa. Malgrado la prima rappresentazione non riscosse un gran favore di pubblico, ad oggi la combinazione d’incantevoli coreografie e trame fiabesche hanno reso Lo Schiaccianoci uno dei più amati balletti di tutti i tempi.

Frequentemente rappresentato dalle maggiori compagnie internazionali, questo capolavoro ha subito conosciuto diverse versioni: nella produzione di Ivanov, la protagonista Masha (o Maria, poi Clara) è interpretata da una giovane allieva della scuola di ballo del teatro, un ruolo differente rispetto alla Fata Confetto, mentre i due personaggi si fondono nella versione di Aleksandr Gorskij del 1917. Nel 1923 Fëdor Lopokov rimaneggia a sua volta la trama del balletto, trasformandola sei anni dopo in un’opera eterogenea, talmente distante dalla tradizione da uscire immediatamente dal repertorio del Mariinskij.

Il debutto europeo avviene a Londra nel 1934 al Sadler’s Wells con la coreografia originale di Ivanov, seguito quattro anni più tardi, il 19 febbraio 1938, dall’esordio italiano alla Scala di Milano con grandi interpreti quali Olga Amati, Nives Poli e Pierluigi Marzoni, coreografie di Margarita Petrovna Froman. È proprio da quest’epoca che si susseguono le versioni più fortunate del balletto, come ad esempio quella di Vasily Vajnonen del 1934, che introduce per la prima volta aspetti introspettivi e psicologici nella favola. Proposto nel periodo natalizio in tutti i teatri internazionali seguendo i diversi arrangiamenti, Lo Schiaccianoci è ormai entrato a far parte della tradizione celebrativa mondiale.

Aldilà delle differenze, delle trame particolareggiate, dei protagonisti, Lo Schiaccianoci è ormai considerato la fiaba di Natale per antonomasia. É impossibile non farsi catturare dalla musica del Valzer dei Fiori, dal fascino esotico della Danza Araba, dall’incanto dei Fiocchi di Neve. La danza ha questa qualità meravigliosa: ci accompagna a suon di passi lungo un sentiero fatato, facendoci sentire parte di essa.


Trama del Balletto

Atto I
La storia si ambienta all’inizio del XIX secolo, in Germania. È la vigilia di Natale e il signor Stahlbaum organizza una festa per i suoi amici e per i loro bambini.
Questi, in attesa dei regali e pieni di entusiasmo, stanno danzando quando arriva il signor Drosselmeyer, lo zio di Clara e Fritz, che porta regali per tutti loro, intrattenendoli con giochi di prestigio, nonostante all’inizio incuta paura per la sua figura un po’ particolare. Drosselmeyer comincia a mostrare i suoi regali: Arlecchina, il soldatino e uno Schiaccianoci, automi meccanici, così perfetti da sembrare veri. Lo Schiaccianoci attira l’attenzione dei fratellini, che litigano e se lo strappano di mano fino a che Fritz, indispettito, lo rompe. Dopo averlo riparato lo zio lo affida alle cure di Clara. Stanca per le danze della serata la bambina, dopo che gli invitati si sono ritirati, si addormenta sul letto e inizia a sognare. È mezzanotte e tutto intorno a lei inizia a crescere: la sala, l’albero di Natale, i giocattoli. All’improvviso si sentono insoliti fruscii e squittii, strane presenze si aggirano per la stanza: sono topi che cercano di rubarle lo Schiaccianoci. Clara tenta di cacciarli quando lo Schiaccianoci si anima e partecipa alla battaglia con i soldatini di Fritz. Alla fine dello scontro rimangono lui e il Re dei Topi, che lo mette in difficoltà. Per salvare lo Schiaccianoci Clara afferra la sua scarpetta e la lancia addosso al Re dei Topi, permettendo allo Schiaccianoci di colpirlo a morte. Questi si trasforma allora in un Principe e Clara lo segue, entrando in una foresta incantata mentre la neve inizia a cadere. L’atto si chiude con uno splendido Valzer dei fiocchi di neve.

Atto II
I due giovani entrano nel Regno dei Dolci, dove al Palazzo Reale li riceve la Fata Confetto, che si fa raccontare dallo Schiaccianoci tutte le sue avventure, e di come ha vinto la battaglia contro il Re dei Topi.
Subito dopo tutti i cortigiani si esibiscono in una serie di danze che compongono il divertissement più famoso e conosciuto delle musiche di Čajkovskij e che rendono famoso il balletto, culminando nel conosciutissimo Valzer dei fiori. Infine, la Fata Confetto e il Principe si esibiscono in un delicatissimo Pas de deux.  Il balletto si conclude con il celeberrimo Valzer dei fiori e il sogno finisce: una volta risvegliatasi, mentre si fa giorno, Clara ripensa al suo magico sogno, con lo Schiaccianoci stretto fra le braccia.

Sara Zuccari

Foto Luciano Romano

Il Balletto di Siena in scena con “I temperamenti dell’amore”

Il 10 Dicembre 2021 alle ore 21:00 il Balletto di Siena porterà in scena, finalmente dal vivo nello spazio performativo BlackBox dell’Ateneo della Danza a Siena, l’ultima sua produzione I temperamenti dell’amore – Balletto in quattro quadri su musiche di Beethoven, che debuttò lo scorso Marzo in diretta streaming a causa delle restrizioni pandemiche.

Lo spettacolo vuole commemorare il duecentocinquantesimo anniversario dalla nascita di Ludwig van Beethoven. Un tentativo di descrivere l’amore in ogni sua accezione, in ogni sua essenza, in ogni sua sfumatura modulando lo spazio ed i corpi dei ballerini sulle note delle più rinomate opere del compositore tedesco. Quattro colori portavoci di quattro quadri, quattro disposizioni d’animo e quattro declinazioni dell’amore: rosso per l’Amore Ideale, grigio per l’Amore Libero, blu per l’Amore Ostacolato e verde l’Amore Irrealizzato. Questo viaggio nei sentimenti oltre a dar prova di grande tecnicismo da parte dei ballerini, è anche un messaggio di speranza e rinascita per la danza in un periodo in cui è stata troppo spesso dimenticata.

Il Balletto di Siena è una dinamica realtà artistica, i cui spettacoli affiancano accuratezza tecnica e uno stile di movimento carico di eleganza e passione. Ad oggi la compagnia conta elementi provenienti da tutto il mondo, e ha al suo attivo ben venti produzioni. Grazie alle forti basi tecniche e interpretative dei suoi danzatori, il Balletto di Siena porta in scena ed alterna, senza soluzione di continuità, produzioni classiche e nuovi spettacoli dal linguaggio prettamente contemporaneo.

Sara Zuccari

Mats Ek: l’arte della coreografia fatta persona

Mats Ek, il coreografo di spicco dei giorni nostri, nato a Malmö, in Svezia. La prima cosa che colpisce della sua vita è senza dubbio l’ambiente in cui è cresciuto: una famiglia di artisti, tutti di altissimo livello, in cui tutti fanno teatro e collaborano tra loro, a tal punto che non è semplice riconoscere i confini tra vita e arte. Mats è infatti il figlio di Birgit Cullberg (la “madre” della danza moderna in Scandinavia, danzatrice e coreografa illustre, nonché fondatrice del Cullberg Ballet) e di Anders Ek (grande attore teatrale e cinematografico, tra i preferiti di Ingmar Bergman); è anche il fratello minore di Niklas Ek, ottimo danzatore che ha lavorato in prestigiose compagnie (Cullberg Ballett, Merce Cunningham Dance Company, Ballet du XXe siècle) e ha una sorella gemella, Malin, attrice, e una cugina scenografa, Karin Ek.

Certamente la madre, una figura così importante nel panorama della danza contemporanea, ebbe un ruolo fondamentale e una grande influenza nella formazione artistica dei figli, e di Mats in particolare che, come lei, si dedicò presto alla coreografia. Inoltre, i genitori di Mats si separarono quando lui aveva solo un anno e l’assenza del padre rese ancora più significativa la figura materna. In realtà, il primo approccio di Mats, Niklas e Malin con la danza non fu positivo, poiché la danza era per loro un qualcosa che teneva la madre lontano da loro ed era quindi sinonimo di sofferenza.Birgit Cullberg, nel momento in cui decise di iniziare lo studio della danza classica con l’insegnante Lilian Karin, tentò di coinvolgere i tre figli, ma questi lasciarono subito perché non lo trovarono divertente. Lilian Karin ricorda le doti creative di Mats bambino, le piccole performances che egli organizzava a scuola per il piacere di esibirsi di fronte ad un pubblico che lo applaudiva.

In seguito, all’età di 17 anni, Mats, insieme al fratello Niklas, fu portato dal padre a lezione da Donya Fener, una danzatrice americana dalla quale apprese la tecnica Graham. Fu per lui un momento particolarmente importante che egli stesso ricorda così: «Quando, a 28 anni, ho iniziato a danzare, i tre mesi di studio della tecnica Graham che avevo fatto a 17 anni erano fortemente impressi nel mio corpo: quell’esperienza, quella memoria corporea forte, furono il mio punto di riferimento».
Dopo aver studiato teatro e nonostante i successi riscossi con le sue prime esperienze come regista, Mats decise di dedicarsi totalmente alla danza, perché sentiva l’esigenza di interpretare qualcosa e la danza gli sembrava il mezzo più adatto, il più naturale. Entrò così nel Cullberg Ballet e qui lavorò con grandi coreografi, come Kurt Jooss, Maurice Béjart, Jiri Kylian.

Presto però, intorno agli anni ’70, iniziò a dedicarsi alla coreografia, per la quale si accorse subito di avere un’eccezionale inclinazione e delle doti rare da trovare. È infatti come coreografo che Mats Ek si è imposto nel panorama internazionale della danza e la sua creatività geniale è oggi riconosciuta da tutti.
Le sue prime creazioni, come San Giorgio e il Drago, Soweto, La casa di Bernarda, sono accomunate dalla presenza di temi politici e sociali, a tal punto che la critica lo definì subito come un coreografo politicamente impegnato.

Ma è stato certamente con la sua versione di Giselle, presentata per la prima volta nel 1982, che Mats si è rivelato in tutta la sua grandiosità. La critica, pur riconoscendo all’unanimità tale lavoro come un capolavoro, gli rimproverò di aver abbandonato i temi impegnativi in favore delle favole; e tuttavia la sua Giselle non è affatto un’opera disimpegnata. In questo balletto Mats focalizza l’attenzione sugli esseri umani, scavando nei loro pensieri e sentimenti, analizzando le loro caratteristiche psicologiche, i loro comportamenti, il loro modo di relazionarsi. Di Giselle, una pietra miliare del balletto classico, egli dà una sua personalissima e quasi rivoluzionaria lettura, in cui la protagonista è una povera fanciulla di paese, debole di mente e di cuore, incapace di controllare gli istinti e le emozioni da dover essere tenuta legata. Così vive senza pudori e senza riserve, manifesta il suo amore ad Albrecht, dichiarandogli il suo desiderio di avere un figlio. Il II atto poi non è ambientato in un bosco incantato, come la Giselle ottocentesca, ma in un ospedale psichiatrico e non ci sono le vendicative Willi in tutù bianco, ma donne in camicia di forza.
La Giselle di Mats Ek è fortemente legata ad Ana Laguna, la prima interprete, senza la quale egli stesso riconosce che il personaggio di Giselle non sarebbe nato; Ana Laguna è oggi compagna di vita di Mats e madre di due dei suoi tre figli.
Dopo Giselle, Mats Ek riscrisse molti classici del balletto, sempre in maniera originale e rivoluzionaria: Il Lago dei Cigni, Carmen, La Bella Addormentata, ad esempio.
La caratteristica principale del suo linguaggio coreografico è il desiderio di comunicare, di dar voce all’anima attraverso il corpo; a lui non interessa la danza “pura”, in quanto la danza è per natura espressione, comunicazione. Afferma infatti: «Non potrei fare coreografie che fossero esclusivamente formali, invidio chi lo fa, ma io non ne sono capace».
La sua danza è chiara, parla sempre dell’uomo, in essa ogni movimento ha una propria ragion d’essere perché serve a dire qualcosa. Egli è convinto che un movimento espressivo, se è autentico, è sempre bello, ma se il suo fine è la bellezza, può anche risultare sgradevole. Nei balletti di Mats, quindi, è senza dubbio prioritaria la forza espressiva alla “pulizia” e perfezione tecnica.

L’idea della danza come comunicazione è certamente stata ereditata dalla madre, Birgit Cullberg, che a sua volta l’aveva ripresa da Kurt Jooss. Mats Ek, per realizzare un corpo “parlante”, fonde elementi tecnici con movimenti del tutto nuovi, colti dalla vita quotidiana. Nel suo linguaggio, le mani e i piedi hanno una grande funzione espressiva e spesso si muovono indipendentemente dal resto del corpo. Ogni parte del corpo è coinvolta nella realizzazione della comunicazione; ma ciò che più colpisce dei suoi danzatori è sicuramente la forza espressiva del volto. Spesso utilizza anche degli oggetti, veri e propri partners dei danzatori, e grande importanza hanno nei suoi balletti anche i costumi e le scenografie.
Il suo procedimento creativo non prevede l’improvvisazione, ma ciò non significa che non sia altrettanto importante per lui l’apporto dei danzatori nella costruzione di un personaggio. Mats è solito arrivare alle prove con la coreografia già pronta e curata nei minimi dettagli (anche nel rapporto con la musica) e con una serie di immagini, articoli di giornale, come stimolo da mostrare ai danzatori. I danzatori apprendono così la coreografia per imitazione, ma possono sbagliare ed è proprio dall’errore che possono nascere nuove idee.

I personaggi femminili (interpretati da danzatrici rigorosamente scalze) sono per lui il motore dell’azione, subìta dagli uomini; la figura della madre (non sarà certo un caso!) è una costante nei suoi balletti, così come sono spesso presenti gli atti di nascita. Chiaramente, se il parto è l’origine della vita, la madre rappresenta il motore stesso della vita. Un’altra costante dei suoi lavori è l’ironia: egli è convinto che se una situazione è spinta al limite della tragedia ha già in sé un po’ di comicità; Mats si diverte proprio a camminare su questa sottile linea di divisione tra pianto e riso. Molti suoi lavori si ispirano a drammi teatrali o a testi letterari, hanno quindi un carattere narrativo; ma c’è anche un Mats Ek surreal-impressionista (Grass, The Park).
Mats Ek ha realizzato anche coreografie per il teatro e per la televisione (Smoke, Wet Woman). Nel 1993 ha lasciato la direzione del Cullberg Ballet, per proseguire la sua carriera in maniera indipendente e negli ultimi anni si sta dedicando soprattutto al teatro.

Sara Zuccari