Aterballetto a Caracalla per danzare sull’acqua

Il 13 aprile Aterballetto danzerà sull’acqua: quella del Centro Coreografico Nazionale sarà infatti la prima performance sullo Specchio presentando in prima romana Rhapsody in blue, coreografia di Iratxe Ansa e Igor Bacovich creata per il centenario della partitura di George Gershwin.

Lo spettacolo, realizzato in collaborazione con Electa e programmato alle Terme di Caracalla grazie a una idea iniziale di Cristiano Leone, consulente artistico per le attività culturali nel sito, sarà presentato in doppia replica, alle 16:00 e alle 17:30. Alla performance si accede con il biglietto di ingresso al sito.

Dopo oltre mille anni l’acqua, elemento fondativo e vitale di tutti gli impianti termali, torna alle Terme di Caracalla con lo Specchio d’acqua: un intervento di architettura contemporanea promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro.

Il progetto nato dalla collaborazione di Mirella Serlorenzi, direttore del sito, con l’architetto Hannes Peer, rende le suggestioni degli ambienti termali con nebulizzazioni, zampilli e giochi di luce che avranno la funzione di evocare le antiche Terme. Cui si aggiunge l’elemento del riflesso delle architetture archeologiche nello Specchio d’acqua, che invita alla contemplazione in parallelo all’esperienza immersiva.

Rhapsody in Blue di George Gershwin ha per i coreografi Iratxe Ansa e Igor Bacovich vari punti attraenti, una musica splendida e conosciuta ma non così in voga fra le nuove generazioni. Far conoscere questo lavoro ai giovani è l’obiettivo che gli autori si sono prefissati, e la loro nuova creazione per la compagnia Aterballetto vuole trovare nuove modalità per dare una visione meno lontana e meno “americana” di Gershwin, andando oltre al contesto culturale in cui la rapsodia è stata creata. È la rapsodia stessa a dettare la trama del lavoro coreografico, i cambi energici, le modulazioni elettriche con cui giocare. 

Gli autori Iratxe Ansa e Igor Bacovich descrivono così questa nuova sfida: 

“L’idea iniziale di questo lavoro era di giocare con la rapsodia di Gershwin, poterla riscrivere attraverso un altro immaginario. In Rhapsody in blue la cosa interessante non è solo portare il nostro sguardo, fatto della nostra esperienza, del confronto internazionale e dello stile maturato negli anni, ma soprattutto regalare al pubblico una visione più universale, meno legata al contesto Newyorkese o allo spirito di quell’epoca. Abbiamo cercato di trasportare, di rivedere Gershwin a livello storico, cercando di de-contestualizzarlo per potenziare ancora di più l’universalità del suo capolavoro. Chiudere gli occhi, sentire cosa vuole dirci quella musica, e rappresentarla attraverso l’oggi, attraverso la nostra poetica, esprimerla con il nostro approccio al movimento e al corpo scenico.

Aterballetto hai dei bellissimi ballerini con una grandissima varietà e versatilità, che già di per sé offrono tantissimo materiale d’ispirazione. C’è così tanto da cui attingere che è quasi un peccato aver già finito questa creazione, in cui i ballerini avrebbero avuto ancora molto da dare… il pezzo non è così esteso da poter tirar fuori tutto quello che la compagnia aveva ancora da dire, bisogna condensare nel poco tempo della rapsodia tutte le variazioni e tutte le energie, ma questa è anche la forza di questa operazione. 

Rhapsody in blue è di per sé un giocattolo fantastico per un coreografo, per un creativo. Essendo così potente, così allegra, così frizzante, è percorsa da varianti di forma costanti, e sembra di attraversare una foresta incantata: nel giro di pochi passi, di pochi minuti, incontri un essere magico, un cielo irreale che cambia di colore sopra di te… ci si muove in questo mondo fantastico, dove la rapsodia regala uno spazio sonoro dove tutto è possibile, dove da ogni angolo fanno capolino elementi sempre nuovi e tu sei continuamente sorpreso. I corpi reagiscono ad input concitati e sempre diversi. Abbiamo giocato con tutto questo, chiudendo gli occhi e sognando nuovi mondi ogni volta che entravamo in contatto con un nuovo tema”.  

Sara Zuccari

Fondazione Aterballetto diventa il primo centro coreografico nazionale

La Fondazione nazionale della danza/Aterballetto diventa il primo  Centro coreografico nazionale. La nuova collocazione, al vertice del comparto della danza italiana, è stata sancita dal ministero della Cultura.

“È il giusto premio ad una continuità di presenza istituzionale nella danza, assicurata per anni dalla Regione e dal Comune di Reggio Emilia – commenta l’assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori – e alla freschezza della progettualità attuale, orientata alla conquista di una crescente reputazione europea”.

Si tratta del risultato di un lavoro di alcuni anni, sottolinea la Regione, percorso guidato dal presidente Azio Sezzi e dal direttore generale e artistico Gigi Cristoforetti, volto ad ampliare l’articolazione progettuale e operativa della storica realtà emiliana. Nata come compagnia, e diretta successivamente da Amedeo Amodio, Mauro Bigonzetti e Cristina Bozzolini con Giovanni Ottolini, Aterballetto è diventato nel 2003 Fondazione nazionale della danza. Con l’ultima gestione è stata amplificata la proiezione internazionale e sono state sviluppate collaborazioni e coproduzioni, sia sul piano nazionale che internazionale. La Fondazione ha poi privilegiato una progettualità attenta all’ibridazione con diverse discipline, quali il teatro, la musica e l’arte contemporanea. Si è distinta per l’attenzione alle nuove tecnologie.

Sara Zuccari

“Don Juan” di Johan Inger al Teatro Bonci di Cesena

La Fondazione Nazionale della Danza/ Aterballetto porta a Cesena Don Juan: la pièce firmata dallo svedese Johan Inger – che dopo aver lavorato nel Nederlands Dans Theater ha assunto la direzione artistica del Cullberg Ballet e dal 2008 crea come freelance per compagnie come GoteborgsOperanBallet BaselSwedish National BalletCompañía Nacional de DanzaLyon Opera BalletLes Ballets de Monte Carlo. È una coreografia molto teatrale, per 16 danzatori, calata in una scena mobile in bianco e nero: uno spazio irreale, onirico, in cui si rilegge in chiave psicanalitica il celebre personaggio che attraversa la letteratura occidentale.

Don Giovanni è lo stereotipo del latin lover: il suo unico obiettivo nella vita è sedurre quante più donne possibile. È un cacciatore e collezionista di donne. La drammaturgia di Gregor Acuña-Pohl scava nel suo passato e trova un trauma, che lo ha plasmato nel suo discutibile comportamento.

Ricordando le parole di Molière («ha un cuore abbastanza grande da amare il mondo intero»), Acuña -Pohl e Inger abbracciano la versione femminista di Suzanne Lilar Le Burlador in cui Don Giovanni è un giocattolo nelle mani delle donne, una “vittima”. Un uomo che è in grado di dare, in qualsiasi momento, ad ogni donna esattamente ciò che merita e di cui ha bisogno: il suo unico crimine è l’impossibilità di rimanere fedele alle sue parole e azioni.

Sara Zuccari